ALTA TENSIONE

Dai campus Usa al Politecnico, si prepara l'intifada casalinga

Dopo Unito, anche gli studenti del Poli annunciano un presidio per fermare le collaborazioni con gli atenei israeliani. Armati di bandiere palestinesi provano a cavalcare l'onda che cresce tra America ed Europa. Rettori allo slalom delle polemiche

Non sarà un nuovo ’68, che prima di infiammare le università di mezza Europa ebbe il suo innesco all’università di Berkeley in California, ma forse neanche un fuoco di paglia. La protesta degli studenti pro-Palestina si allarga, dagli Usa all’Italia dove si cerca di scimmiottare ciò che sta accadendo nei campus d’oltreoceano. E Torino, come ai tempi di Palazzo Campana, rischia di ritrovarsi nuovamente sulle barricate. Le prove generali già ci sono state, un paio di mesi fa, preparando il terreno per una probabile escalation domestica. Dopo gli scontri della scorsa settimana a Torino, quando gli studenti di “Cambiare rotta” e dei centri sociali hanno sfilato intonando cori come “fuori i sionisti dall'università”, è sempre più concreto il rischio che si rinfocoli, soprattutto tra i più giovani, un certo antisemitismo, che credevamo essere una pagina oramai chiusa della nostra storia.

Dalla Grande Mela, che ha assistito allo sgombero (con 300 arresti) delle aule occupate dai filopalestinesi nella Columbia university, le proteste arrivano alla West coast dove l’università di Los Angeles, nella notte tra martedì e mercoledì, è stata teatro di violenti scontri tra le fazioni filopalestinesi e filoisraeliane, con l'apporto anche di esterni all’ateneo. Proteste che i novelli katanga vogliono emulare: “Il 15 maggio, giornata della Nakba, pianteremo le tende nelle nostre università”. Anche sotto la Mole si alza il tiro. Ce l’hanno col rettore del Politecnico Stefano Corgnati gli studenti delle sigle Cambiare rotta e Progetto Palestina, annunciando un presidio il prossimo 7 maggio, in occasione della seduta del Senato accademico. Gli studenti vogliono portare dentro Corso Duca degli Abruzzi il vento che già spira a Palazzo Nuovo e al Campus Einaudi.

È all’Ateneo torinese, infatti, che i due collettivi il 19 marzo scorso hanno fatto irruzione durante una seduta del Senato che si chiuse con la rinuncia di Unito a partecipare al bando del ministero degli Esteri per la cooperazione con le Università israeliane. Tutti a favore, tranne due astensioni e il voto contrario della professoressa Susanna Terracini, direttrice del dipartimento di matematica. Una scelta che trascinò l’ateneo nella bufera, specie dopo la lettera contro il boicottaggio della professoressa Daniela Santus cui si sono aggiunte molte firme di docenti e ricercatori. Polemiche davanti alle quali il rettore Stefano Geuna, come il collega Corgnati, paiono esercitarsi nell’arte dello slalom. Ben diverso, ad esempio, da quanto ha fatto la rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni, che rifiuta l’idea che il boicottaggio della collaborazione scientifica internazionale, la rinuncia alla libertà della didattica e della ricerca, e la negazione delle associate responsabilità di ogni singolo ricercatore possano favorire la pace e il rispetto della dignità umana. “Invitiamo tutti i componenti della comunità scientifica a difendere il carattere universalistico e libero della ricerca scientifica, che costituisce la condizione della sua stessa esistenza e la premessa necessaria affinché essa possa trasformarsi in uno strumento di incontro pacifico, scambio e comprensione tra popoli e culture”.

Intanto in attesa di evoluzioni sulle trattative in Medioriente, nelle aule italiane si preferisce salire sulle barricate: "Il movimento studentesco in solidarietà alla Palestina ha ormai raggiunto una portata globale: dall'Italia agli Stati Uniti, Francia, Turchia, Giordania; gli studenti stanno chiedendo la fine delle complicità dei loro atenei con il sistema coloniale sionista ed il genocidio in corso a Gaza, tramite le loro collaborazioni scientifiche e accademiche con istituzioni israeliane e aziende belliche", scrivono gli attivisti di Cambiare Rotta e Progetto Palestina. Ma non sono le uniche farneticanti affermazioni: "Qui in Italia abbiamo ottenuto delle vittorie senza precedenti, con la scelta delle università di Torino, Pisa e Bari di boicottare il bando Maeci. A Torino la mobilitazione continua al Politecnico”, mettendo nel mirino le collaborazioni che il Poli "intrattiene con aziende come la Leonardo, Avio Aero, Thales Alenia ed Elbit Systems, aziende produttrici di tecnologie militari usate sulla pelle del popolo palestinese". Falsità utili alla propaganda. Infine l’attacco a Corgnati, "Nonostante il rettore ci avesse promesso un senato straordinario per discutere delle nostre istanze, abbiamo visto con la contestazione del 23 che queste vittorie parziali le dobbiamo difendere. Per questo, durante il Senato del 7 maggio, abbiamo deciso di lanciare un presidio al Politecnico così che non sia possibile ignorare le nostre rivendicazioni". C’est ne qu’un debut… siamo alla farsa.

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