Il vero problema è la bassa crescita

Le riforme adottate e sbandierate dai vari Governi (8,5 anni di Centrodestra, 7 di Centrosinistra, 1,5 Monti, uno gialloverde) che hanno guidato il Paese negli ultimi 18 anni non hanno dato risultati all’altezza degli altri Paesi europei così negli ultimi vent’anni abbiamo perso 25 punti di pil procapite rispetto alla media europea. Nel suo libro di successo, “I sette peccati capitali dell’economia italiana” indicati dal Prof. Carlo Cottarelli sono l’evasione fiscale, la corruzione, la burocrazia, la lentezza della giustizia, il crollo demografico, il divario tra il Sud e il resto del Paese, la difficoltà a convivere con l’euro.

Sono punti che in qualche modo sono stati al centro dell’attività dei vari Governi ma le riforme adottate dagli stessi non hanno inciso in modo sostanziale al punto che dal 2001 al 2018 l’Italia è cresciuta solamente dell’1,8% e il pil procapite italiano ha perso 25 punti rispetto alla media europea, la gente si è impoverita e la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli inaccettabili. La bassa crescita è il motivo del calo giro di affari di artigiani e commercianti e dei piccoli professionisti e della chiusura di tante aziende.

Il problema centrale del Paese, pertanto, è quello della bassa crescita. Il Paese ha bisogno quindi di una lunga stagione di crescita, una crescita che come l’onda che rialza tutte le barche, che rechi beneficio a tutti i settori della nostra economia a partire dal lavoro dipendente a quello autonomo. Un Paese che occupa solo poco più della metà dei propri abitanti non può produrre la ricchezza necessaria ai bisogni sociali di una società che invecchia.

Del lavoro di Cottarelli uso due slide che ci parlano del reddito procapite e dell’andamento delle esportazioni che è l’unico settore in cui la crescita del nostro Paese è costante, anche se inferiore alla crescita tedesca. Se negli ultimi dieci anni non ci fosse stato l’aumento delle nostre esportazioni la nostra economia sarebbe andata sotto pesantemente e i problemi sociali sarebbero pesantissimi e gravi.

I punti di forza del nostro Paese sono:
1) Il Bel Paese rimane la prima metà agognata turisticamente nel mondo;
2) la nostra quota manifatturiera ci vede al secondo posto in Europa e al quinto nel mondo;
3) il made in,
4) l’enogastronomico

Rendere maggiormente competitivi questi quattro settori per offrirli al mercato globale sempre più vasti è una delle strade per ritornare a crescere di almeno 2 punti di pil l’anno. Dobbiamo ridurre i costi di produzione e i costi di trasporto e logistica. Per ridurre il costo di trasporto e della logistica che può arrivare a incidere anche il 12-15% dei costi di produzione il Paese ha bisogno di nuove infrastrutture di trasporto che lo colleghino alle nuove aree economiche del pianeta, di una nuova efficienza logistica nei porti e negli aeroporti. Essere inseriti nella nuova economia dei flussi, essere dentro la nuova rete europea di trasporto su rotaia, è essenziale e strategico.

Come ha detto efficacemente l’indiano Parag Khanna: “La connettività ridisegnerà il mondo e libera il mercato”, la nuova geografia dei flussi turistici ed economici modificherà le gerarchie territoriali e il destino dei Paesi e dei popoli. La Tav, Il Terzo Valico, la nuova diga al porto di Genova, la nuova galleria del Brennero, la nuova linea Adriatico-Baltico e la Via della Seta diventeranno le autostrade sostenibili del futuro.

Lavorare in questa prospettiva dopo la grande decisione europea del 19 ottobre 2011 di assegnare all’Italia ben quattro corridoi ferroviari e tutti collegati ai nostri porti è indispensabile per rilanciare la crescita dell’economia e del lavoro, ricordando la lezione di Alcide De Gasperi quando diceva che “il politico guarda alle prossime elezioni mentre lo statista alle future generazioni”.

Dopo il grande successo delle manifestazioni Sì Tav che hanno portato la Commissione Europea ad aumentare notevolmente i fondi per costruire la Tav, questa strada è percorribile e fattibile.

*Mino Giachino, Sì Tav Sì Lavoro

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