"Disparità" di genere in Regione

Gentile Direttore,
a ridosso della giornata internazionale dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne, mi permetto una piccola riflessione in tema di nomine, premettendo che non è mia intenzione mettere in discussione il merito delle singole designazioni decise dal Consiglio regionale del Piemonte. Semplicemente, non posso astenermi dal commentare il metodo prescelto che con la tutela di genere e le tanto sbandierate pari opportunità nulla ha a che fare.

Le nomine votate dal “parlamentino” della Regione Piemonte, scaturito dalle elezioni amministrative dello scorso 26 maggio, per rinnovare posti e incarichi all’interno degli enti strumentali e delle partecipate, avrebbero potuto rappresentare un segnale di novità e di svolta soprattutto in prossimità della importante ricorrenza mondiale del 25 novembre nella quale tutti i partiti e gli schieramenti politici emetteranno roboanti dichiarazioni relative alla necessità di salvaguardare la parità di genere e contrastare ogni comportamento negativo. Dichiarazioni che saranno assai poco credibili dopo nomine di parte maschile in oltre il 90 per cento dei casi.

Se non altro, almeno stavolta le varie forze politiche hanno compiuto un atto di “sincerità” e non hanno più agito nello stesso modo subdolo ed elusivo come fecero alle elezioni politiche di marzo 2018, quando le quote rosa furono letteralmente “dribblate” proponendo la stessa candidatura femminile in più collegi e consentendo così al primo non eletto, maschile, di subentrare in Parlamento.

Non è mia intenzione determinare polemiche, però è doveroso mettere in evidenza l’ennesima occasione perduta da TUTTI i partiti. La violenza si combatte non solo a parole, ma promuovendo a tutti i livelli, anche elettivo e istituzionale, la partecipazione femminile di qualità.

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