Un flagello chiamato movida

Gentile Redazione,
conscia del periodo più che drammatico che stiamo vivendo a livello mondiale, mi permetto di evidenziare una delle problematiche “locali” che investono il nostro Paese, essa fa parte del quotidiano di milioni di noi. Il tema del quale mi occupo da anni è il dilagante flagello della “movida selvaggia” arrivata ormai a livelli parossistici, che invade e distrugge la vita di un crescente numero di cittadini. Un po’ ovunque (da Torino a Milano a Napoli e così via) fatti disdicevoli si verificano in un mix sempre più micidiale dove il “divertimento/movida” è in realtà espressione di violenza, aggressività, prevaricazione, pericolose minacce, affermazione di una sorta di “potere malato” mirato a imporre la “legge del più forte” attraverso una schiacciante violenza.

Rifletto su questo: nel nostro Paese nessun commercio (legalmente riconosciuto) crea così tanti danni sociali ad ampio raggio (dalla devastazione della salute di milioni di residenti a quella di milioni di fruitori spesso giovani e adolescenti, dalla degradazione dei luoghi spesso centri storici preziosi ai costi per tutta la Comunità) come il commercio dell’alcol. È indubbio che intorno al business dell'alcol (cui si mescola inevitabilmente quello della droga) ruotano  colossali interessi economici, certo molto potenti, non di rado sostenuti da politiche “compiacenti” a livello locale (forse anche nazionale?), ma è altrettanto indubbio che l'attuale crescendo di violenza (il coltello è ormai una presenza costante nelle risse notturne dentro e fuori i locali, gli accoltellamenti sono frequenti e quasi "naturali", per non parlare delle risse a bottigliate che non di rado portano alcuni in ospedale) dipinge un affresco a tinte foschissime della nostra realtà, soprattutto per quel che riguarda il futuro di una parte importante di generazioni oggi adolescenti e giovani, in balia di alcol (e droga).

I commercianti di alcol (non tutti certo, i veri professionisti sono altra cosa) hanno un unico scopo: guadagnare al massimo, fare business a oltranza, ignorando leggi e regolamenti, magari imponendosi con la forza e la violenza. Temo che se le istituzioni locali e nazionali non supereranno il "timore" di disturbare le potentissime lobby (anche in termini di consenso politico) dell'alcol, mettendo in campo azioni concrete rispetto alla devastazione che il commercio "malato" di alcol sta generando, sprofonderemo in una sempre più pericolosa degradazione sociale, cosa che non fa proprio bene a un'Italia già segnata da problemi giganteschi. 

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