Elettori o spettatori?

Il 25 settembre 2022 si andrà alle urne e mi sorge spontanea la domanda: chi si recherà alle urne? Quando il 27 dicembre 1947 venne promulgata la Costituzione della Repubblica Italiana, l’articolo 48 enunciava: “Sono elettori tutti i cittadini di ambo i sessi, al raggiungimento della maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. Non può essere stabilita nessuna limitazione al diritto di voto se non per incapacità civile o in conseguenza di sentenza penale irrevocabile o in casi di indegnità morale indicati dalla legge”.

L’incapacità civile racchiude situazioni, causate da determinate alterazioni psico-fisiche (infermità di mente, prodigalità, sordomutismo ecc.), e solo una sentenza del Giudice ordinario civile può dichiarare un individuo totalmente (interdizione) o parzialmente (inabilitazione) incapace di attendere ai propri interessi. Il 13 maggio 1978 l’art. 11, della legge 180, ha ammesso all’elettorato attivo anche gli interdetti e gli inabilitati per infermità di mente e, pertanto, ha eliminato dal nostro ordinamento ogni residua causa di limitazione del diritto di voto per incapacità civile.

Oggi il corpo elettorale è composto da circa 51 milioni di elettori. Secondo il report 2020 dell’Istat, gli analfabeti in Italia sono lo 0,6% della popolazione (circa 340.000 persone), mentre gli alfabeti privi di titolo di studio sono il 4% (circa 2,2 milioni di persone). Poi abbiamo gli analfabeti funzionali che tra i 16 e i 65 anni sono il 69,7% (poco più di 26 milioni di persone) mentre gli appena sufficienti sono il 26,4% (poco meno di 10 milioni di persone).

In tempi lontani, Emiliano Zapata affermava: «L’ignoranza e l’oscurantismo in tutti i tempi hanno prodotto greggi di schiavi per la tirannia». Come disse l’accademico linguista Tullio De Mauro (ministro della Pubblica istruzione dal 2000 al 2001), «purtroppo l’analfabetismo è oggettivamente un instrumentum regni, un mezzo eccellente per attrarre e sedurre molte persone con corbellerie e mistificazioni». L’Istituto di studi e ricerche Carlo Cattaneo afferma che: «Se gli italiani non fossero in così ampio numero degli analfabeti funzionali potrebbero agire elettoralmente in modo molto diverso».

Ma facciamo un po’ di storia. Nel primo decennio del Novecento, in Italia, il diritto di voto era considerato una capacità che abbisognava di strumenti ritenuti necessari per esercitarlo con consapevolezza, cioè l’alfabetizzazione. Ovviamente, ciò provocava l’esclusione dal diritto di voto di una enorme fetta di popolazione, la più povera, assicurando che il governo del paese restasse in mano alla minoranza benestante. Dopo un lungo lavoro di studio nel 1913 si estese il diritto di voto. Il Paese contava un numero altissimo di analfabeti, circa 50% della popolazione. Con l’estensione del diritto di voto si sarebbe passati da 2 milioni del 1909 a 9 milioni di elettori con solo 3,5 milioni alfabetizzati. Le conclusioni che vengono tratte dagli studi della Camera effettuati allora recitano: “Quanto più la massa degli elettori è analfabeta, tanto più cresce la probabilità di errori e di frodi su vasta scala ed in misura tale da falsare interamente il risultato delle urne”; ed inoltre “la vita rappresentativa-costituzionale di un paese non consiste semplicemente nel fatto che un elettore ogni quattro o cinque anni depone nell’urna una scheda. Questo è uno dei lati meno importanti. La funzione rappresentativa in tanto si esercita coscientemente, in quanto l’elettore e il paese mantengono un controllo continuo e illuminato sul deputato e sul governo, grazie alla parola, allo scritto, alla stampa. Questa funzione sostanziale del sistema rappresentativo non può esercitarsi dagli analfabeti”.

In pratica veniva evidenziato che non serviva un Parlamento veramente rappresentativo dell’intero corpo elettorale, ma che fosse preferibile avere un Governo di ampio consenso popolare costruendo poi, a posteriori e con metodi artificiali, visto che gli elettori non erano in grado di ben usare il proprio diritto di voto, un Parlamento che si limitasse a supportare l’azione del Governo, dando ad un sistema autoritario una parvenza di democrazia.

Mi domando se la battaglia per un elettorato consapevole, cardine della democrazia dei parlamentari giolittiani, non sia stata abbandonata volutamente, sostituita oggi da un sistema mediatico per creare consenso popolare, da cristallizzare artificialmente nel parlamento, sul possibile capo di partito da eleggere quale capo del governo. Mi domando se questa non sia la parte conclusiva di un progetto di “dolce” espropriazione della democrazia dalle mani dei cittadini, che si basa sulla analfabetizzazione del corpo elettorale. Infatti, il problema dell’alfabetizzazione e dell’istruzione non è stato risolto, i numeri lo confermano. Perché nei dibattiti politici che in questi giorni ci assalgono da ogni dove, oltre ai soliti temi di evasione fiscale ed emigrazione, non si parla di scuola, di formazione, di bonus per imparare, per fare in modo che il cervello si abitui a ragionare al fine di raggiungere la consapevolezza di cui abbiamo bisogno? Perché invece di criticare negativamente la posizione degli altri partiti non si spiega in modo semplice ed istruttivo il proprio programma senza dare troppo per scontato il suo contenuto? Ma c’è un programma distintivo che caratterizza la singola veduta politica o è solo uno spettacolo per risultare più accattivante dell’avversario, se di avversari si parla? E così noi cittadini, che più che elettori diventiamo spettatori, non solo siamo analfabeti funzionali ma, stanchi della solita rappresentazione, rischiamo di non avvicinarci neppure alle urne, “tanto io di politica ed economia non ne capisco niente e poi quelli fanno quello che vogliono”, “quelli” che dovrebbero rappresentarci…e forse, sentendoli parlare, ci rappresentano proprio…

“L’elemento più violento della società è l’ignoranza” diceva la filosofa Emma Goldman vissuta a cavallo del ‘900. Il rapporto tra poteri dominanti e ignoranza si fa sempre più stretto e la loro combinazione pone ad alto rischio la democrazia. L’informazione veritiera è un diritto e non un lusso, ma purtroppo non molti vogliono essere informati della realtà. L’ignoranza voluta, non può avere “buon senso”, dubbi, domande, accenni di idee o di analisi. E così trovano terreno fertile i discorsi irrazionali, antisociali, la diffidenza e la paura. Il bene comune nasce dal comprendere la realtà del proprio paese e del mondo e non dall’assoggettamento causato dalla manipolazione. Con l’analfabetismo funzionale si arriva a filmare un delitto pensando di accrescere la propria popolarità sui social-media dimenticando che difendere e salvare la vita umana è il bene da perseguire.

print_icon