Il cuore "zingaro" dell'Europa

Caro direttore,
se posso permettermi vorrei spiegare perché, dopo quello sul riarmo morale col popolarismo in lotta contro la cultura mafiosa, ho deciso di scrivere il mio undicesimo libro su un tema scomodo, gli “zingari”: non solo per l’amicizia e la stima per Carla Osella, che ha mosso i suoi passi nel suo impegno proprio nella Torino degli anni '70, ma perché, come ho scritto nel testo, Ti racconto gli “Athinganoi”. Gli “intoccabili” attraverso l'esperienza dell’A.I.Z.O. di Carla Osella con Rom e Sinti, Echos Edizioni, su questo popolo si può giocare un pezzo dell’identità sognata dai Padri fondatori dell’Europa.

La radice e la direzione la coglie perfettamente Papa Francesco nella sua bella ed esigente prefazione, di cui non posso che ringraziarlo insieme ai suoi valenti collaboratori. In essa, tra l’altro, scrive: “Sulle orme di Gesù, anche Carla, anche gli altri suoi amici volontari, hanno superato la barriera del pregiudizio per raggiungere queste nostre sorelle e questi nostri fratelli. Lo hanno fatto senza adeguarsi alla mentalità dominante, senza preoccuparsi di possibili conseguenze. Il nostro Maestro ha voluto integrare gli emarginati, salvare coloro che sono fuori dalla città e chi lo segue sa di dover cercare il Suo volto tra gli scartati, i lontani, coloro che nessuno vuole avvicinare”.

Al di là della proposta che ho fatto durante la presentazione al Salone Internazionale del libro di Torino di fare una cosa “rivoluzionaria” per il salone stesso, indicare come paese ospite un popolo europeo senza terra come quello dei Rom e dei Sinti, che parlano una delle lingue più antiche al mondo e della richiesta di Carla, presidente nazionale dell’associazione che ha fondato, di poter interloquire con la presidente del Consiglio on. Meloni, “incontri noi che con rom e sinti condividiamo la vita, ascolti quanto abbiamo da dire e parta da questo ascolto, oltre ogni strumentalizzazione, per affrontare con vero realismo un dossier che non è fatto di numeri ma di volti e storie”, vorrei proprio soffermarmi sulla questione europea. A tal proposito spoilerizzo un passaggio del libro per cercare di far comprendere il ragionamento.

“Alla fine, ci si trova di fronte a qualcosa di pazzesco per i preconcetti e le convenzioni che vanno per la maggiore. I “paria” d'Europa sono “cittadini d'Europa” e, probabilmente, sono un metro efficace per misurare l'avanzamento della costruzione della comune casa europea non ridotta a mera sommatoria buona solo per gli scambi commerciali: qui si riesce a ritrovare il senso primigenio europeo che non sta in un occidentalismo ideologico per renderlo superiore al mero dato geografico di collocazioni di Stati e persone, tendenzialmente divisivo, bensì in una civiltà radicata nei valori cristiani e nella capacità di non disperare dell'uomo individuale e collettivo, considerando così il chi si è non il dove si sta”.

Ecco che appare assai chiara la sfida che viene lanciata dall’esistenza stessa, travagliata, di un popolo profondamente europeo, che, tra l'altro non ha mai mosso guerre: non significa nascondere i problemi con uno sguardo sentimentale, progressista, che non interessa perché è poi l’interpretazione intellettuale del “ballo del mattone”, ma trovare la capacità di riscoprire la sfida dell’unità nella diversità e della formazione del cittadino europeo che contribuisce alla costruzione di quella unità necessaria per poter essere player mondiale diplomatico, politico, economico, con valori chiari totalmente estranei, naturalmente, a pulsioni ideologiche tipiche dell’anglosfera dove i “diritti umani” vengono travolti e parcellizzati con tanti aggettivi scindendoli da umanità e doveri.

Carla mi ha insegnato che il punto di vista da un campo sosta ai margini di una città può essere quello più improbabile, scomodo ma che garantisce una visuale non comune su quello che avviene, su ciò che si è e i presunti “athinganoi” sono sicuramente europei. Nel 2011 Benedetto XVI affermava ad una delegazione Rom: “ricercate la giustizia e la legalità … anche l’Europa che riduce le frontiere e considera ricchezza la diversità dei popoli e delle culture, vi offre nuove possibilità. Vi invito a scrivere insieme una nuova pagina di storia. Date la vostra fattiva e leale collaborazione, affinché le vostre famiglie si collochino degnamente nel tessuto civile europeo”: è tempo di permetterlo accogliendo questa sfida che, se vinta, può rendere l’Europa più forte, autorevole e capace di non rinnegare le proprie profonde radici che passano dalle radici di tutti i suoi popoli, nessuno escluso! Ciò potrebbe partire proprio da Torino.

print_icon