Don Milani e la scuola di oggi

Ricorrono in questi giorni i 100 anni dalla nascita di don Lorenzo Milani. Figura interessante, denigrata in vita e osannata oggi. Figura che ha diviso e oggi unito. Ma siamo sicuri che la linea immaginata dal priore di Barbiana sia realizzata e/o realizzabile? Tante volte si cita “Lettera a una professoressa” e quasi sempre per criticare la scuola dell’epoca (potrebbe valere anche per oggi) eppure c’è una frase all’interno del libro che non viene mai citata ma che, da umile insegnante, ritengo invece significativa. È il professore che va a trovare i ragazzi della scuola e sentendosi criticato dice testualmente “…è tredici anni che insegno. Ho conosciuto migliaia di ragazzi e genitori. Voi vedete le cose dal di fuori. Non siete addentro nei problemi della scuola…”.

Il metodo usato da don Milani, già presente in un opuscolo del 1797 – “Saggio di educazione fatto nel collegio di Madras, consistente in un metodo, mediante il quale una scuola intera o una famiglia può istruirsi da se stessa, sotto la vigilanza di un solo maestro” scritto da Bell – aveva avuto il suo iniziatore in Italia in Federico Confalonieri e le scuole milanesi del periodo post restaurazione. I più bravi insegnavano ai meno che spesso diventava i più grandi insegnano ai più piccoli. A scuola si andava tutto il giorno per 365 giorni l’anno, domeniche comprese. Il metodo di mutuo insegnamento non è stato portato avanti anche se nelle esperienze delle pluriclassi, ancor oggi presenti in alcuni paesi, capita abbastanza spesso.

L’inclusione, invece, ha fatto passi da giganti anche grazie allo stimolo di questa scuola. Inclusione… un termine molto bello, ricco di significato, ecumenico… eppure quello di cui non abbiamo ancora contezza è che cosa intendiamo per inclusione, cos’è per noi una scuola inclusiva? Gli insegnanti, categoria di cui fieramente faccio parte, includono tutti all’interno dell’istituzione. Per inclusione non posso, né voglio, pensare esclusivamente a chi ha difficoltà; chi non ha difficoltà non dev’essere incluso? E chi eccelle, per capacità o fortuna (o forse perché studia) non dev’essere incluso? Ecco allora il punto principale da cui partire secondo il mio modesto parere: può una scuola come la nostra, con classi da 20/25 alunni, settimane bianche/blu ecc…, PTCO, assemblee e via dicendo, può questa scuola essere inclusiva e personalizzata per tutti gli studenti?

Un paio di anni fa è uscito un libro particolarmente interessante di Mastrocola e Ricolfi, “Il danno scolastico”, che dovrebbe essere letto da tutti gli insegnanti e, ancor di più, dai politici che continuamente riformano la scuola come fosse un insieme di mattoncini da costruire e distruggere. Purtroppo, l’inclusione di oggi è intesa come abbassamento del livello scolastico, come adattamento al livello degli studenti senza pretendere ma soprattutto senza poter far eccellere chi lo meriterebbe e che spesso “si annoia”. Dobbiamo individualizzare l’insegnamento ma potrà mai essere possibile con classi numerose e soprattutto di livello completamente diverso? Sembrerà un paradosso ma solo individualizzando potremmo includere veramente e fornire a tutti gli strumenti che hanno e possono sviluppare. Individualizzare non vuol dire ghettizzare o creare classi differenziali ma semplicemente formare sul livello del discente. Pensiamo allora all’insegnamento di un pilastro dell’illuminismo J.J. Rousseau quando sostiene che l’educazione dev’essere naturale e al passo con le necessità dell’Emilio e non rigida e strutturata. Fu Rousseau a passare da una visione magistrocentrica a una puerocentrica perché solo mettendo al centro di tutto i bisogni e le volontà del discente riusciremo a costruire un percorso di studi veramente individuale. Ma questa visione non è solo a favore degli studenti ma anche degli insegnanti che nella scuola di oggi si trovano troppo spesso a rincorrere un programma ministeriale con poche ore, molte differenze e soprattutto molte assenze per mille motivi, dalle gite, ai tornei, alle assemblee, al PCTO ecc

Ecco allora che individualizzare il percorso di studi può rappresentare la strada per dare dignità agli studenti ma anche agli insegnanti e potrebbe essere la via per far comprendere a tutti le varie materie. Ci sarebbe da parlare anche del ruolo, riconosciuto e presunto, degli insegnanti ma non vorrei dilungarmi troppo. La scuola di don Lorenzo Milani è certamente un faro che ha illuminato in parte le riforme e che può ancora illuminare il percorso di una scuola che vuole stare al passo con i tempi. Sarebbe bello rimettere al centro di questo dibattito i ragazzi e gli insegnanti.

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