I rischi dei "rivoluzionari"

Negli atenei italiani si protesta per chiedere ai rettori di non partecipare al bando Maeci per l’anno 2024. Il bando prevede la raccolta di progetti di ricerca congiunti tra Italia e Israele sulla base dell’Accordo di Cooperazione Industriale, Scientifica e Tecnologica in essere tra i due paesi. I progetti dovranno vertere su: 1) tecnologie per suoli sani (nuovi fertilizzanti, impianti del terreno, microbioma del suolo, ecc.); 2) tecnologie dell’acqua (tra cui: trattamento dell'acqua potabile, trattamento delle acque industriali e fognarie e desalinizzazione dell'acqua); 3) ottica di precisione, elettronica e tecnologie quantistiche per applicazioni di frontiera, come i rilevatori di onde gravitazionali di prossima generazione.

All’Università Sapienza di Roma 300 manifestanti hanno tentato un’irruzione nel Rettorato e sui social il coordinamento collettivi Sapienza ha denunciato l’intervento della polizia. La Sapienza ha rifiutato il boicottaggio del Maeci, dichiarando: «Il carattere universalistico e libero della ricerca scientifica costituisce la condizione della sua stessa esistenza e la premessa necessaria affinché essa possa trasformarsi in uno strumento di incontro pacifico, scambio e comprensione tra popoli e culture». Con lo slogan “Stop accordi con Israele” un gruppo di studenti costituenti “La Rete Studentesca per la Palestina” hanno occupato il rettorato dell'Università Federico II di Napoli. Il comunicato dei sovversivi è esplicito: «Quanto sta accadendo in Palestina in questo momento porta per noi il nome di genocidio».

All’Università di Firenze oltre 200 tra docenti, assegnisti, dottorandi e tecnici-amministrativi hanno sottoscritto una lettera-appello per chiedere di non aderire al bando pubblicato dal Maeci. Nella lettera si parla della protesta nazionale in corso contro il bando «che ha raccolto la sottoscrizione di quasi 2.000 accademici italiani e richiamato le istituzioni italiane al proprio obbligo di prevenire e di non essere complici in atti di genocidio secondo la Convenzione Onu del 1948».

All’Università Bicocca di Milano, in occasione del Senato Accademico d'Ateneo, gli studenti pro-Palestina hanno manifestato contro l’adesione dell’ateneo al bando Maeci e nessun dipartimento ha presentato domanda.

Il collettivo Cambiare Rotta, organizzazione giovanile comunista che sul suo sito si presenta «Contro la crisi di civiltà del capitalismo, per il riscatto di una generazione tradita», chiede al Politecnico di Torino di bloccare il bando Maeci ed ogni collaborazione tecnico-scientifica con lo Stato di Israele perché la ricerca: «mascherandosi dietro a innocua ricerca in campo civile e seguendo le logiche del 'dual use', spesso e volentieri viene convertita all'utilizzo militare. Lo dimostrano gli accordi e le partnership strategiche con aziende della filiera bellica o direttamente con lo Stato di Israele, responsabile del genocidio del popolo palestinese».

Durante la trasmissione “5 minuti” del 12 aprile scorso, il conduttore Bruno Vespa ha intervistato due studenti: Anna Tognotti, di religione ebraica, laureata alla facoltà di Economia dell’Università di Torino e studentessa di ingegneria gestionale al Politecnico di Milano, e Francesco De Luca, studente di filosofia presso l’Università di Napoli che ha partecipato alle occupazioni universitarie pro Palestina. Francesco dopo aver affermato che l’Italia ha da sempre problemi di anti-semitismo, ha condannato il “genocidio” che sta avvenendo a Gaza da parte dello Stato di Israele ma quando Vespa ha eccepito sul fatto che non venisse mai citato il massacro del 7 ottobre, Francesco ha detto che di fronte a sei mesi di massacri, di genocidio, parlare ancora di Hamas fosse strumentale, e che comunque il 7 ottobre era stata una risposta a 75 anni di occupazione, risposta che non è stato in grado di classificare giusta o sbagliata spostando il problema: «La risposta … Quello che è sbagliato è la causa di quella risposta. È quello che dobbiamo condannare in primis».

Il termine “genocidio” fu coniato nel 1944 dal giurista polacco di origine ebraica R. Lemkin (1900-1959) per indicare la metodica distruzione di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Il genocidio, essendo un "crimine internazionale molto specifico", è difficile da provare, come ha precisato Cecily Rose, professoressa di diritto internazionale all’Università di Leiden nei Paesi Bassi, perché richiede una provata "motivazione mentale", cioè l’esistenza di un processo psicologico determinante il comportamento, l'orientamento delle azioni e la persistenza nello sforzo, al fine di raggiungere l’obiettivo. Gli studenti di “Cambiare Rotta” affermano che la ricerca condotta dal Politecnico di Torino camuffandosi da “civile” in realtà segue le logiche del 'dual use', termine utilizzato per identificare impieghi validi sia per l’uso civile che militare. Si deve tener conto che le tecnologie sono frutto di ricerche scientifiche nate, quasi sempre, per scopi civili al fine di migliorare la nostra vita: la crittografia dei dati per il sistema finanziario, le biotecnologie per la medicina, i sistemi nucleari per la produzione di elettricità… Purtroppo l’essere umano, nel soddisfare la propria natura bellicosa, intravede gli aspetti bellici ed ecco che il beneficio diventa maleficio.

Agli studenti del Politecnico chiedo: quando si sono iscritti per affrontare l’impegnativo corso di laurea in ingegneria, erano a conoscenza che quasi tutte (se non tutte) le ricerche tecnico-scientifiche hanno da sempre un “dual use”? Anche la ruota, la cui invenzione è attribuita alla civiltà mesopotamica, è utilizzata per la carriola ma anche per le macchine da guerra! Nelle università italiane risultano esserci circa 2 milioni di studenti iscritti e circa 40 mila tra professori ordinari ed associati. Dai numeri, si nota che gli aspiranti “rivoluzionari”, che occupano i rettorati cercando di imporre con atti di forza le proprie idee sul ruolo dell’Università nel Paese, sono una esigua minoranza. Certo, gli studenti che contestano democraticamente il potere costituito, devono essere ascoltati perdonandogli anche qualche “intemperanza giovanile”.

Non bisogna dimenticare che ogni epoca storica ha dato vita al proprio “Rivoluzionario”. A riprova cito quanto scritto nella presentazione del libro “I grandi rivoluzionari che hanno cambiato il mondo” di Francesco Marchianò: «Ogni epoca storica ha avuto forme di potere che sono apparse assolute e impossibili da abbattere. (…) Ma c’è un’altra costante, di segno inverso, che accompagna queste epoche, ed è rappresentata da chi, in un certo momento, spezza una catena, assalta una prigione, uccide un monarca, cambia i valori in gioco. È il rivoluzionario, colui che sente dentro di sé il nuovo spirito dei tempi e intuisce qual è il momento per rovesciare il potere presente, sospinto dal consenso dei tanti sottomessi che lo riconoscono come l’unica personalità in grado di rappresentarli.

Con la forza delle armi e della violenza, ma anche con quella delle idee o del proprio esempio, i rivoluzionari emergono come un imprevisto dei tempi. Non sempre vincono. Spesso la loro è una storia di fallimenti. Ma il loro passaggio lascia sempre una cicatrice nella storia». Se gli studenti vogliono manifestare per fare “Cambiare Rotta” allo Stato devono poterlo e saperlo fare! Se ritengono di farlo intraprendendo vie rivoluzionarie, è necessario che siano ben consci dei rischi a cui può andare incontro il Paese, e soprattutto devono avere dalla loro parte le grandi masse popolari. Se riusciranno ad avere ragione sul “potere costituito” avranno il diritto ed il dovere di governare il Paese sperando che alla fine, in un gioco perverso ma statisticamente rilevante, non diventino essi stessi una tragica e peggiore proiezione del “potere costituito” che hanno violentemente abbattuto. Purtroppo, non sempre le rivoluzioni danno vita a repubbliche democratiche come è accaduto nella Rivoluzione Francese!

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