ANTISFASCISMO

Piazza piena, urne vuote

Come si trasformerà la protesta in consenso elettorale? Non è affatto scontato che la mobilitazione di ieri premi Pd e Forza Italia. Solo figure in grado di catalizzare anime differenti potrebbero avvantaggiarsene, tipo Chiamparino. L'analisi del sociologo Natale

Piazze piene, urne vuote. L’immagine del cuore di Torino gremito di oltre trentamila persone non può non rimandare, sia pur solo per vezzo scaramantico o per metterla comunque in conto, alla profezia di Pietro Nenni. Assai più schietto e diretto di Palmiro Togliatti, il leader socialista durante la campagna elettorale del Fronte popolare nell'aprile del 1948 non trattenne quello che era più di un sospetto e un timore davanti alla marea di gente ai comizi tale da indurre comunisti e socialisti alla convinzione di una vittoria certa. Nenni ci prese e quella frase l’avrebbe ripetuta, a conferma, di fronte alla vittoria della Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi.

Che l’assunto non valga sempre lo ha dimostrato proprio l’avversario contro cui si è manifestato ieri, ovvero quel M5s che ha saputo riempire sia le piazze (fisiche e virtuali), sia le urne (anche con il No alla Tav). Una delle conferme che invece valga spesso, soprattutto, a sinistra è di appena dieci anni fa, quando le piazze per Walter Veltroni si riempivano sempre, ma alla fine le elezioni le vinse Silvio Berlusconi, con quasi dieci punti di stacco.

Tutto questo forse è bene ricordare, soprattutto da parte del Pd ma anche di Forza Italia (i due partiti principali da sempre schierati a favore della Torino-Lione e fermamente all’opposizione dei Cinquestelle), quando il successo della manifestazione da un lato rischia di inebriare e dall’altro pone l’inevitabile interrogativo su come tradurne politicamente il significato e il messaggio.

Se, come osserva Paolo Natale, docente di Metodologia delle scienze sociali all’Università di Milano e consulente dell’istituto di ricerca Ipsos, quello emerso dalla piazza torinese può rappresentare “un tentativo di trovare una sorta di opposizione aldilà delle appartenenze partitiche, visto che in Italia l’opposizione sembra che esistere più”, è proprio sul ruolo dei partiti e sul loro atteggiamento dal giorno dopo che si giocherà molto del seguito della manifestazione.

Nulla di più incerto e forse sbagliato immaginare di tradurre in rapido incasso di consensi il forte e corale messaggio contro la decrescita infelice, il populismo declinato nel declino e contro tutto l’armamentario con cui i Cinquestelle al Governo e la loro sindaca alla guida della città hanno precocemente deluso anche molti di coloro che avevano loro concesso fiducia e affidato (vane) speranze coltivate in nome di una supposta “diversità” di Chiara Appendino.

Mai come in questa occasione il Pd e l’intero centrosinistra che punta a non perdere il governo del Piemonte dovrà farsi leninista, sia pur solo, per domandarsi: che fare? Una risposta, conversando con lo Spiffero, Natale la propone e riguarda innanzitutto cosa non fare: “evitare la tentazione di mettere il cappello sulla protesta. Ma anche guardarsi bene dal girare le spalle”.

Impresa tutt’altro che facile per qualsiasi forza politica, ancor più se si tratta di una in difficoltà e con all’orizzonte sempre più vicino la prova del voto per la Regione. “Dalla piazza mi pare sia arrivata una sorta di disponibilità a qualcosa di nuovo, ma anche a dire: ci siamo. Non sta in prima battuta alla politica, o meglio ai partiti, raccogliere questo segnale facendolo proprio. In questo momento dovrebbero starsene tranquilli senza lasciarsi andare a cavalcare l’onda”.

Il rischio, in questo caso, per il sociologo è quello di “provocare divisioni, lacerazioni di un fronte civico che, pur nelle sue diverse componenti, ha manifestato in maniera corale e individua obiettivi e ostacoli comuni. Una fetta importante della popolazione e dei ceti produttivi incomincia a capire la linea dei Cinquestelle e se non ci sono queste manifestazioni, come quella di ieri a Torino, che ci raccontano cosa pensa una parte importante della popolazione è ovvio che le cose vanno sempre a loro favore, dei grillini naturalmente”.

La flessione dei consensi del M5s c’è, è evidenziata dai sondaggi, ma i flussi indicano che il travaso non è certo verso il Pd, bensì verso la Lega, sempre più fagocitante e la cui alleanza di governo, per Natale “probabilmente finirà per essere un bacio della morte di Salvini per Di Maio”.

Le urne, comunque sia, assai difficilmente potranno riempirsi per il Pd che pure sul fronte delle infrastrutture e dello sviluppo ha sempre tenuto una posizione netta, tantomeno per Forza Italia anch’essa apertamente schierata contro il declino tinto di giallo e attratta dalla piazza dove pare voler tornare tra sette giorni con un’inevitabile miniatura di quel che fino a ieri a Torino non s’era mai visto.

Più che il Pd, a poter farsi interprete delle istanze emerse con forza ieri (ma da settimane, mesi, ormai palesate in ogni occasione utile), secondo l’analisi di chi guarda a questi avvenimenti con l’occhio dello studioso della politica “potrebbe essere una figura come quella di Sergio Chiamparino. Il suo essere in qualche modo eccentrico rispetto a un Partito democratico che ha ancora bisogno di una profonda rifondazione per cui sono richiesti tempi lunghi, può essere in questo caso un aspetto positivo”.

Va aggiunto, a sostegno di questa tesi, che proprio la determinazione del governatore sul tema della Tav e in generale delle infrastrutture e dello sviluppo, così come la durezza nei confronti del Governo (incominciando dal ministro Danilo Toninelli) sembrano essere alla base di un costante recupero di Chiamparino anche secondo recentissimi sondaggi. Una seconda posizione rispetto all’ancora ignoto candidato del centrodestra unito (se tale sarà) è oggi confermata per il presidente, assai più in difficoltà in precedenza. “Se Chiamparino viene riconosciuto come interprete del malessere e della voglia di cambiamento emersi dalla piazza, non è detto che i consensi andranno automaticamente al centrosinistra, ma potrebbe essere un freno all’ondata populista di Cinquestelle e Lega”.

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