LOTTA AL COVID

Vaccini, ora le dosi ci sono

Anche questa settimana le fiale arrivano regolarmente: domani 57mila di Pfizer e mercoledì 53mila di AstraZeneca (che potrà essere utilizzato per tutti). È il momento di accelerare, anche a Torino

Quello dell’approvvigionamento non può più essere un alibi. Le forniture di vaccini arrivano ormai in modo regolare e le scorte nei magazzini aumentano in modo costante. In questo momento, nei frigoriferi del Piemonte ci sono 90.248 dosi. Domani arriveranno altre 57mila fiale di Pfizer e il 10 marzo 53.500 di AstraZeneca, che oggi ha ottenuto il via libera del Ministero della Salute anche per le somministrazioni agli over 65. Insomma, non ci sono più scuse. È vero che il Piemonte finora non ha fatto peggio di molte altre regioni, ma altrettanto vero è che come il resto d’Italia continua a viaggiare a rilento. Negli ultimi giorni si è assistito a un leggero incremento con picco massimo venerdì in cui le iniezioni sono state 13.467, record assoluto di questi primi due mesi e mezzo di vaccinazioni. Ma non basta. L’obiettivo di 20mila al giorno resta piuttosto lontano, nonostante le forniture ci siano. Piuttosto manca ancora il personale, mancano le strutture adibite, manca un piano, sia a livello nazionale sia regionale. E si continua a rincorrere. Nelle ultime 24 ore sono state 12.473 le inniezioni effettuate di cui 7.018 sugli ultraottantenni.

Nei propositi del nuovo commissario Paolo Figliuolo ci sarebbe quello di creare una riserva centralizzata pari a circa l’1%, dando precise indicazioni alle Regioni di inoculare tutte le dosi che vengono ricevute. Un’accelerazione potrebbe essere garantita dai medici di famiglia quando i rispettivi sindacati avranno smesso di litigare tra loro e questi si saranno messi a disposizione anche a Torino e nella sua area metropolitana come, a macchia di leopardo, inizia (faticosamente) ad avvenire in altri comuni del Piemonte. E anche sulla querelle tra i due sindacati, lo Smi che con il segretario regionale Antonio Barillà sostiene che senza infermiere o un secondo medico i camici bianchi di famiglia non possono vaccinare nei loro studi, e la Fimmg con Roberto Venesia che contesta questa tesi, l’Ordine di Torino fornisce parole di chiarezza con il presidente Guido Giustetto: “Il consenso informato è un atto del medico e non serve un collega o un infermiere”, mentre dalla Regione per ora fanno sapere che il problema è superabile con l’utilizzo dei centri vaccinali da parte dei medici che non vogliono o non possano inoculare le dosi nei loro studi. Già, ma quando entreranno in servizio, con numeri pesanti, nel capoluogo dopo che molti loro colleghi dal 21 febbraio operano nelle province? Una discesa in campo in maniera pesante di molti professionisti, magari anche il sabato e la domenica quando non hanno impegni di studio, potrebbe accelerare non poco i ritmi laddove si stanno immunizzando gli over 80, oltre alcune categorie come il personale scolastico.

E poi c’è il capitolo delle vaccinazioni a domicilio, per chi è impossibilitato a muoversi. Se è vero, come pare, che all’Asl Città di Torino si ipotizzi l’avvio di questa operazione con una sola squadra, quanto tempo ci vorrà e soprattutto perché un così risicato impiego di personale? Archiviato tra i fallimenti il reclutamento del personale sanitario affidato da Arcuri ad alcune agenzia private che, a quanto risulta, non avrebbero neppure risposto alla disponibilità di alcuni medici come accaduto proprio in Piemonte, resta da vedere come e quando i circa 3mila medici di famiglia saranno schierati su tutto il territorio regionale in maniera organizzata e capillare. Gli ultraottantenni da vaccinare sono circa 370mila e ad oggi ha ricevuto la prima dose circa un quinto di loro. Nei prossimi giorni incominceranno i richiami.

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