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Finpiemonte allo showdown, si dimette il presidente Molina

Ennesimo capitolo della travagliata esistenza della finanziaria, tra verbali "ripuliti", rilievi della Corte dei Conti e crediti deteriorati. Il consigliere Bocchino parla di "persecuzione" e manda una sorta di diffida a cda e Regione. Azzeramento dei vertici e nuovo board

Finpiemonte è di nuovo acefala. A poco meno di due anni dall'addio di Stefano Ambrosini, questa mattina ha lasciato l’incarico anche il suo successore, Roberto Molina. La motivazione ufficiale addotta, peraltro vera, è quella della ragione di salute anche se Molina – fedelissimo di Riccardo Molinari e attuale segretario cittadino della Lega ad Alessandria – da tempo non nascondeva l’intenzione di mollare la guida della finanziaria regionale ormai travolta da situazioni gestionali oggetto di fortissime critiche da parte della Regione

Nella lettera il quasi ex presidente fa decorrere le sue dimissioni da mercoledì prossimo, ovvero il giorno successivo all’audizione in giunta regionale del Cda e, appena prima, del collegio dei revisori. Proprio l’indisponibilità del presidente di quest’ultimo organismo, Marco Zacchera, aveva fatto rinviare la scorsa settimana l’incontro che Cirio e la giunta, in particolare l’assessore alle Partecipate Fabrizio Ricca, ritengono risolutivo. Che l’attuale board sia arrivato al capolinea è ferrea convinzione di governatore e assessore. Soprattutto dopo le dimissioni del direttore Marco Milanesio. Tant’è che nel caso, improbabile ma preso in considerazione, in cui alle dimissioni di Molina non seguissero quelle dei tre consiglieri Umberto BocchinoGiuliana Passero e Mia Callegari (mentre Maurizio Irrera ha lasciato la scorsa primavera) sarebbe pronta per loro la sfiducia da parte della Regione.  

Tra le tante bufere che hanno travolto Finpiemonte quella dei verbali del cda “ripuliti” nelle trascrizioni ha certamente accentuato l’atteggiamento fortemente critico di piazza Castello e l’intenzione di chiudere al più in fretta possibile una stagione, azzerando la governance e ripartendo da zero, con l’approvazione del nuovo statuto che prevede la riduzione da cinque a tre dei componenti del board. E poi a pesare come un macigno ci sono i rilievi mossi dalla Corte dei Conti sia sul modus operandi, sia per l’allarmante situazione dei crediti deteriorati che sommano a oltre cento milioni, ulteriore e non secondario motivo della chiamata a rapporto dell’organismo di vigilanza e del cda della finanziaria. Anche la Procura di Torino indaga per il reato di falso in seguito ad alcuni esposti e segnalazioni: documentazione finita sul tavolo del procuratore aggiunto Enrica Gabetta, inchiesta assegnata al pm Francesco Pelosi.

Nel calderone ci sono pure le manovre di alcuni consiglieri per affidare incarichi a persone a loro vicine, nel mirino ci sono incarichi legali attribuito dal cda al torinese Alessandro Baudino e al milanese Filippo Annunziata. A questo proposito Bocchino ha inviato alla Regione una lunga lettera in cui non solo esclude di aver agito in conflitto di interesse, ma afferma che “tutte le decisioni sono state assunte in un confronto trasparente tra i consiglieri e sempre in concerto con il direttore il quale ha tratatto in prima persona ogni aspetto economico”, direttore che peraltro si è dimesso alcuni mesi fa. Nella lettera indirizzata al collegio sindacale, ma anche tra gli altri al direttore regionale Paolo Frascisco, Bocchino tramite il proprio legale Mauro Ronco parla di “persecuzione” e chiede di “accertare eventuali responsabilità all’interno dell’ente regionale e della società nella propalazione di notizie false e tendenziose”.  

Storia tormentata quella degli ultimi anni di Finpiemonte. La vicenda dei milioni spariti è ancora avvolta nel mistero, in attesa che il processo, slittato alla primavera del 2022, accerti le responsabilità dei principali imputati: l’ex presidente Fabrizio Gatti, accusato di peculato con Pio PicciniMassimo PichettiGiuseppe ArabiaGiuseppe Colucci e Francesco Cirillo, direttore della filiale svizzera della banca Vontobel. La situazione giudiziaria del successore di Gatti al vertice di Galleria San Federico, Stefano Ambrosini, che nel novembre 2017 denunciò il caso alla procura, nel frattempo è cambiata, proprio a seguito dell’altro filone connesso all’inchiesta sulla finanziaria regionale, quello relativo alle procedure che hanno portato al fallimento della società di Gatti. Fino ad  arrivare alla nomina di Molina, che oggi prima che l’arbitro incominciasse a contare ha gettato la spugna.