Pd in ebollizione anche in Piemonte
08:20 Lunedì 15 Dicembre 2014 5Legalità e trasparenza tornano ad agitare il partito. L'eurodeputato Viotti chiede di "mettere ordine ovunque, non solo nella Capitale". Pacchetti di tessere e inchieste le abbiamo avute anche all'ombra della Mole. La renziana Fregolent attacca sui doppi incarichi
Quanto è diversa Torino da Roma? Sarà la sindrome dell’accerchiamento, il timore di risvegliarsi in un incubo, eppure la questione della legalità dentro il partito e in tutti quegli ambienti più o meno contigui torna all’ordine del giorno proprio mentre dal Nazareno si sta cercando di mettere una pezza a un’inchiesta, quella di Mafia Capitale, che ha travolto in pieno tutto il Pd romano. «La verità è che si dovrebbe mettere ordine non solo a Roma, andiamo a verificare cos’è accaduto con le iscrizioni di massa degli ultimi congressi, andiamo ad analizzare le tessere in quei circoli in cui una mozione ha vinto quasi con il cento per cento dei voti, iniziamo a far rispettare le regole sui doppi e tripli incarichi». A tornare su una serie di vicende in parte sopite in parte attualissime del Pd piemontese è l’europarlamentare civatiano Daniele Viotti. Altro che scissione dal partito, «io resto per cambiarlo dall’interno e per migliorarlo».
Una richiesta di trasparenza e di rispetto delle regole quanto mai trasversale come testimoniano le parole di una deputata ormai organica al Giglio Magico come Silvia Fregolent, che dal palco dell’assemblea nazionale ha ribadito un principio e cioè che «chi assume ruoli di vertice nel partito non può avere incarichi dirigenziali in aziende». Parla alla moglie perché suocera intenda, parla da Roma, ma è impossibile non ravvisare nelle sue parole un riferimento a Torino, dove la politica è inserita stabilmente nelle aziende pubbliche e private.
La verità è che a un anno dalla chiusura dei congressi il clima in via Masserano resta pesante, basti pensare ai tentativi andati a vuoto di coinvolgere nella segreteria del partito torinese anche le minoranze “cuperliane” o ex cuperliane e le tensioni quotidiane interne alla squadra di Davide Gariglio, con un segretario che spera di uscire indenne dall’inchiesta sui rimborsi in Consiglio regionale. Così, mentre al di là di qualche schermaglia dal palco a livello nazionale le varie anime della sinistra Pd ribadiscono sostanzialmente la disponibilità a lavorare assieme al segretario, a Torino l’eco dell’assemblea nazionale rischia di gettare benzina su un fuoco mai completamente spento.
Dal palco Fregolent non fa nomi, ma come non cogliere un riferimento alla galassia fassiniana? Tutti o quasi i “politici-manager” sono riconducibili al Lungo, con ruoli strategici nella sua componente. A partire dall’eminenza grigiastra Giancarlo Quagliotti, numero uno di Musinet, società controllata di Sitaf - gestore dell'autostrada Torino-Bardonecchia e del Traforo del Frejus - e membro di peso nella segreteria piemontese del Pd con un incarico da “vice” di Gariglio mai formalizzato proprio per scongiurare nuove polemiche dopo l’infuocata fase congressuale. Ma Sitaf, si sa, negli anni è stata il ricetto di una classe politica ben connotata con la galassia fassiniana di estrazione comunista e socialista, e Quagliotti non è certo una mosca bianca. Così, ecco nel cda sempre di Musinet un altro vecchio arnese della politica subalpina come Gioacchino Cuntrò, terza linea del Garofano, poi convertito al verbo democratico, oggi consigliere comunale dopo una serie di ripescaggi, ma anche tesoriere del partito torinese per volere del segretario provinciale Fabrizio Morri. Doppi e tripli incarichi in cui la politica si mescola agli affari privati, le tessere al business. Tra gli ultimi fassiniani di risulta approdati nel dorato mondo del sottogoverno c’è anche l’ex sindaco di Grugliasco Marcello Mazzù, membro della segreteria provinciale, con delega alla Salute, e designato al vertice dell’Atc di Torino, l’agenzia per la casa che gestisce il patrimonio di edilizia popolare di tutta la provincia, il quale, tuttavia ha annunciato le proprie dimissioni in tempi brevi dalle cariche di partito (è anche commissario del Pd a Nichelino). È (anche) a loro che si riferisce la Fregolent nel suo intervento? Probabile.
E da Torino Viotti rincara la dose: «Com’è possibile che abbiamo un sindaco ad Asti che siede su altre tre poltrone, lo facciamo andare davanti a un giudice e nessuno si accorge dell’inopportunità politica di un’operazione come quella che sta conducendo? Dov’è il partito regionale e quello nazionale? Chi dice a Fabrizio Brignolo di fermarsi visto che non ci pensa da solo?».
Chi non si sente per nulla toccato dalle parole della parlamentare subalpina è il segretario regionale Gariglio che derubrica tali affermazioni come «di carattere generale e senza un riferimento specifico alla questione piemontese». Sarà. Intanto a riprendere sui social network il passaggio della Fregolent è un altro membro della segreteria regionale, il civatiano Fabio Malagnino e scoppia il dibattito. La questione, sollevata dalla vicecapogruppo Pd a Montecitorio ha antiche origini. Da almeno un anno se ne discute all’interno del partito. Il primo a parlare di incompatibilità tra la nomina nelle aziende partecipate e negli organi esecutivi del partito, a livello nazionale e locale, è stato il senatore Stefano Esposito, proprio al termine della fase congressuale dello scorso anno, sullo stesso terreno lo seguì un altro esponente della sinistra Pd, Aldo Corgiat e la stessa Fregolent lo ha rilanciato più volte assieme a un renziano della primissima ora come Davide Ricca, anche lui nella segreteria regionale di via Masserano. «Un tema - attacca Esposito - di cui i nostri vertici si son sempre infischiati fino a farlo passare in cavalleria».